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in > Roma e il suo fiume: un'esperienza sul campo
Il Tevere Divinità fluviale
di Giulia Rocco
Il Tevere, legato secondo l'antica leggenda alla fondazione di Roma,
per l'episodio dell'abbandono di Romolo e Remo lungo le sue sponde, ebbe
sempre un ruolo fondamentale per la vita e l'economia della città.
A sottolineare questo legame, ogni anno, l'8 dicembre, venivano
celebrate, in onore del "Pater Tiberinus" le Tiberinalia,
nell'anniversario della fondazione del tempio del dio sull'isola Tiberina;
il culto, conosciuto grazie ad alcune testimonianze epigrafiche, consisteva
in cerimonie di purificazione delle acque e delle sorgenti. Tra gli autori
antichi, Virgilio in particolare (Aen. VIII, 31 - 34) descrive
il dio come un vecchio canuto, disteso lungo le sponde coperte di vegetazione
e caratterizzato da corna, un attributo che ricorre frequentemente nelle
immagini delle divinità fluviali in Grecia e Magna Grecia, ma che non
è documentato nelle raffigurazioni del Tevere.
La personificazione del fiume, non sempre distinguibile
dall'immagine del dio, compare con una certa frequenza soprattutto in
manufatti scultorei e sui rovesci monetali. L'iconografia non è una creazione
originale romana, ma è riconducibile ad un tipo sviluppatosi in età ellenistica
e utilizzato con poche varianti e l'aggiunta di qualche attributo per
i diversi fiumi e corsi d'acqua. Il Tevere ha in genere le sembianze di
una figura maschile barbata, dall'aspetto vigoroso, semidistesa, appoggiata
a un'anfora, simbolo della sorgente, da cui sgorga dell'acqua. Le tempie
sono cinte da una corona di foglie acquatiche, parte del busto e le gambe
avvolte in un mantello; vari attributi, quali un ramo frondoso, la cornucopia,
il remo, la prua di una nave, alludono alla prosperità dovuta al fiume
e alla sua navigabilità.
Un insieme abbastanza cospicuo di pitture, sculture e bassorilievi sottolinea
simbolicamente, attraverso il mito, il legame che collegava il Tevere
alla nascita di Roma. Il dio, infatti, assisteva come spettatore
all'abbandono dei gemelli ed al loro ritrovamento da parte della lupa
sul frontone del tempio di Marte Ultore nel Foro di Augusto (noto da un
rilievo inserito sulla facciata di Villa Medici), su un'ara rinvenuta
ad Ostia (124 d C. c.a.), sulla base detta Casali al Vaticano (fine II
sec. d.C.) oltre che su alcuni affreschi a Pompei, in un colombario sull'Esquilino
e a Villa Adriana (questi ultimi andati perduti).
A questo gruppo di raffigurazioni appartiene l'opera più famosa, la statua
colossale in marmo bianco (forse pentelico), ora al Louvre, datata ad
età adrianea: venne rinvenuta nel 1512 tra S. Maria sopra Minerva e S.
Stefano del Cacco, nell'area dell'antico Iseum Campense, dove era
esposta insieme alla gemella statua del Nilo, scoperta l'anno successivo
e conservata al Vaticano.
Il Tevere è semidisteso sulla base, increspata ad imitare la superficie
dell'acqua, con cornucopia e remo, un manto drappeggiato sul braccio sinistro,
affiancato dalla lupa che allatta i gemelli. Sul plinto rettangolare sono
scolpiti a bassorilievo alcuni episodi mitici delle origini di Roma, ed
in una scena in particolare sono riconoscibili alcune linteres
- le leggere imbarcazioni utilizzate per la navigazione fluviale - ed
una operazione di alaggio.
Un' immagine pressoché identica del Tevere è documentata sui rovesci
dei coni monetali, che, nella maggior parte dei casi, non presentano una
elaborazione autonoma dell'iconografia.
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Tra i primi vanno ricordati un sesterzio di Vespasiano (71 d.C.),
sul quale la personificazione di Roma, assisa sui sette colli, è
affiancata da quella del Tevere, alcuni bronzi - sesterzi e dupondii
- di Domiziano (88 a.C.) |
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ed un aureo dell'imperatore Adriano (119-122 d.C.). |
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In seguito, su numerose monete di Antonino Pio, ricorre costantemente
la prua a sottolineare la navigabilità
del fiume. |
Due diverse iconografie, invece, compaiono sui rovesci di due emissioni,
di Traiano e di Antonino Pio: sulle prime (103-111 d.C.) la personificazione
del Tevere (è opportuno dire che non tutti concordano con questa identificazione)
atterra una figura femminile, la Dacia, a commemorare le conquiste dell'imperatore
in quella regione; sulle monete di Antonino Pio, coniate nella zecca di
Alessandria (140-144 d.C.), le personificazioni del Nilo e del Tevere
si stringono la mano.
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