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L'Esempio di Pompei

Premessa

Le monete possono essere rinvenute nel terreno, isolatamente o in gruzzolo.

Normalmente le aree di rinvenimento più comuni sono quelle di maggiore frequentazione antropica: siti urbani, fori, arene, terme e santuari, ma non sono rari i casi di rinvenimento di gruzzoli (ripostigli) in luoghi eccentrici, dove, probabilmente, erano stati nascosti a scopo cautelativo. Evidentemente il malcapitato proprietario del gruzzolo non fu più in grado di recuperare il suo tesoro, una volta terminata l'emergenza.

Tale sottrazione del numerario dal mercato avveniva in maniera conscia, e questo ci consente un'analisi più raffinata dei dati numismatici. Possiamo trovare   "ripostigli di circolazione", ripostigli caratterizzati da esemplari non selezionati nel tempo ma raccolti tra tutti gli averi di un dato momento. Casi classici si segnalano in località che hanno visto troncarsi improvvisamente la vita, come Ercolano e Pompei.

Più spesso però si tratta di ripostigli di selezione, scelti con oculatezza nel tempo fra quanto si riteneva di maggior valore. Tali ripostigli  hanno dimensioni e valori diversi, ma per lo più costituiscono una buona riserva di valore, occultata in caso di emergenza o pericolo, a scopo cautelativo. Il luogo di nascondimento doveva essere segnalato da qualche elemento indicativo, oggi perso. Il tesoro non fu recuperato o perchè non più individuabile il luogo, o per impossibilità del proprietario.

 


  Pompei - Casa dei Vettii, affresco con scena di coniazione


Circolazione monetaria

Il complesso dei rinvenimenti monetali è la base per la ricostruzione della circolazione della moneta nel mondo antico (anche il dato "negativo" costituito dai ripostigli). Tali rinvenimenti acquistano un significato particolare a Pompei, dove la vita per le cause stesse della catastrofe è stata fotografata nella pienezza della sua realtà;  la composizione dell'enorme "ripostiglio" - come si configura il complesso delle monete restituite dagli scavi - con una data di seppellimento ben precisa, trae origine non da un fenomeno di tesaurizzazione, cioè da una scelta dei pezzi di maggiore valore intrinseco, ma dalle necessità della vita quotidiana.

Risale al 1950 l'articolo di L.Breglia, pubblicato in una miscellanea edita in occasione del bicentenario degli scavi, in cui, per la prima volta, veniva affrontato lo studio della circolazione monetale.

La circolazione monetale si basa, nella vita pratica, essenzialmente sulla valuta enea, mentre percentualmente meno frequenti appaiono i rinvenimenti di denari argentei e addirittura rari quelli di monete d'oro. Tale conclusione è il risultato non solo dello studio della proporzione relativa della valuta nei tre metalli, ma anche è confermata dalle condizioni in cui si verificano i rinvenimenti.

Il numerario circolante a Pompei all'epoca dell'eruzione del 79 d. C. è stato spesso recuperato nei pressi di uno scheletro, probabilmente il possessore, e, mentre in molti casi l'eseguità del gruzzolo assicura che essi rappresentano solo il peculio normale della borsa di un modesto cittadino, in altri casi, la maggiore entità della somma ed il coesistere con essa di oreficeria e/o di argenti, ci attesta che il gruzzolo rappresenta il patrimonio liquido che il pompeiano fuggiasco cercava di portare via con sè.

 Pompei-
Casa della suonatrice

In altri casi ancora, più rari, il tesoro è stato rinvenuto con ori e argenterie, serbato o nascosto in una casa con un criterio di scelta e tesaurizzamento. Esaminando le tre tipologie notiamo la presenza dell'oro e dell'argento nei due ultimi tipi di rinvenimento: l'argento torna qualche volta in piccole quantità anche in gruzzoletto occasionale, l'oro vi compare in linea del tutto eccezionale. E' evidente che tanto l'uno quanto l'altro metallo, più che alla circolazione quotidiana, dovevano costituire soprattutto la riserva, il patrimonio di famiglia.

Alla vita giornaliera era sufficiente la valuta enea. Inoltre è stato osservato che la maggior parte del numerario circolante nel 79 d.C. è costituito dalla valuta di Vespasiano, seguita da monete di Nerone; per il restante materiale la percentuale più alta è costituita dal numerario republicano in argento e bronzo, cui seguono le valute di Claudio e di Tiberio e poi le emissioni di Galba, Agrippa, Augusto, mentre scarse sono quelle di Tito e di Domiziano. Un dato interessante riguarda, in   particolare, l'argento: se per la riforma di Nerone del 63-64 d.C. che riduce il peso del denario da 1/84 ad 1/96 di libbra, i denari anteriori a tale data, soprattutto repubblicani, erano stati  ritirati dalla circolazione per guadagnare attraverso la rifusione la differenza in peso del metallo, la circolazione monetale a Pompei, fermata nel fatidico anno 79 d.C., ci dimostra che ancora molto numerario pre-neroniano era sfuggito alla fusione e sopravviveva in forte percentuale nelle casse dei privati.Tuttavia, l'importanza di tale considerazione è temperata dal fatto che fra i denari repubblicani sono frequenti le emissioni legionarie di M.Antonio, che per essere di bassa lega e quindi di minore valore intrinseco sopravvivono lungamente nella circolazione monetale dell'impero.

Molto interessante è inoltre la presenza di monete della Magna Grecia, attestata varie volte nei rinvenimenti; per lo più esse provengono da zecche greche della Campania. Accanto alla grande maggioranza di monete di Roma e a qualche esemplare romano-campano, i ritrovamenti comprendono monete di Paestum, di Reggio, di Sicilia, di Spagna, etc...

Tutto questo è di estrema importanza per l'individuazione delle linee commerciali di Pompei e dell'area campana.

 


Velocità di diffusione delle monete

Quanto alla velocità di diffusione delle monete nel I secolo dell'impero, significativi sono i ritrovamenti di denari di Vespasiano con l'indicazione del consolato VIII, datato al 77 d.C. e già segnalato da L. Breglia, ai quali si aggiungono quelli di altre due monete recanti l'indicazione della 19° carica imperatoria che risale al 78 d.C., cioè all'ultimo anno di vita dell' imperatore. Tuttavia l'importanza di tale affermazione è temperata dalla vicinanza di Pompei a Roma, che riduce la valenza assoluta del dato.


Economia

Passando ad una valutazione più specificamente economica, va notato che l'entità dei vari gruzzoli monetali rinvenuti a Pompei, è in genere esigua. Del resto se dall'esame delle tavolette cerate di Cecilio Secondo si riscontra un movimento bancario di appena 38.080 sesterzi, è chiaro che l'entità del capitale liquido di una famiglia è di gran lunga inferiore. In particolare, il contenuto dei rinvenimenti che ci rendono il contenuto del portamonete (mucchietti di poche monete per lo più in bronzo recuperate talora con frammenti di tessuto in mezzo ad ossa umane nel punto dove, evidentemente, il denaro veniva conservato) oscilla fra i 2 e i 20 sesterzi, vi sono poi borse modestissime con pochi assi, povero peculio che, tuttavia, doveva essere sufficiente al sostentamento. Il dato numismatico, coincide con il dato epigrafico fornito da una nota che documenta la spesa per 9 giorni consecutivi di una famiglia di tre persone, la cui spesa quotidiana ammonta a circa 6 sesterzi. Quindi se il costo di mantenimento di una famiglia è di 6-7 sesterzi, appare naturale ritrovare nella borsa del pompeiano medio una somma che si aggira fra i 2 e i 20 sesterzi, non stupisce dunque che una famiglia che conserva una somma liquida di oltre 1000 sesterzi sia una famiglia ricca. Tali dati, criticamente rivisti da E. Pozzi Paolini e correlati alle diverse regiones di provenienza, indicano come l'impianto delle attrezzature sportive, l'anfiteatro e la palestra - che occupano gran parte della Regio 2°- sembri aver influenzato lo sviluppo della Regio 1°, con ampi spazi destinati ad orti coltivati, in connessione ad impianti di tipo alberghiero, nella quale sono stati rinvenuti cospicui gruzzoli. Diversa è la strutturazione della Regio 2°, contenendo essa numerose case di tipo patrizio.

 

Nuovi studi sono attualmente in corso per la ricostruzione della circolazione monetaria e la vita economica di Pompei da parte della cattedra di Numismatica della Facoltà di Lettere dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II".